Tre delle canzoni sono altrettante “Avemarie”, tre preghiere laiche formulate da un ateo. L’occasione mi è stata suggerita da Ascanio Celestini, che per il suo film “Viva la sposa” mi aveva commissionato per l’appunto una canzone in forma di preghiera a Maria… sulle prime sono rimasto alquanto interdetto: proprio io che ricordo a mala pena l'”Ave Maria” canonica? Mentre però prendevo appunti per una mi venivano idee per un’altra… e via di seguito. Poi il consueto viaggio fra gli intenti e le passioni: Brecht come sempre, la recente ricerca su Ewan MacColl, il concetto di resistenza declinato in molte forme, dalla dissidenza della canzone d’autore est-europea a Sergio Endrigo. Questa multiformità si rispecchia nella coralità delle voci che si alternano alla mia, per rompere la centralità autoreferenziale del “cantautore”, per mettere sempre uomini e strumenti al servizio della canzone, o forse di un’idea più generale di comunicazione.
Sopra ogni cosa la fonte pura della tradizione orale che ci suggerisce forti sensazioni e risa irrefrenabili, anarchia e goduria, lirico e punk hasta la revolucion!
1 – Maria Tortura (Alessio Lega)
Dal nero teatrale, dal silenzio in sala – appena punteggiato da un bordone d’organo – una voce, sola si alza e chiama la Madre dell’Uomo eternamente schiacciato sotto i piedi della tortura di una qualche polizia. Possiamo pensare alla madre di Carlo Giuliani, di Giulio Regeni, alla sorella di Stefano Cucchi, di Giuseppe Uva, a Patrizia Moretti-Aldrovandi, alla Moglie di Pino Pinelli, alla nipote di Franco Mastrogiovanni… Ogni Pietà di Michelangelo che raccoglie in grembo un uomo schiacciato dal Potere.
2 – Leggenda del soldato morto (Bertolt Brecht versione italiana Giorgio Strehler)
A nostro modo – io e i Malfattori – volevamo tributare un omaggio alla retorica patriottarda del centenario della Grande Guerra, e lo abbiamo fatto pescando dal repertorio di Bertolt Brecht questa irresistibile marcia, tradotta a suo tempo da Giorgio Strehler per Milva.
3 – Ambaradan (Alessio Lega)
“Ambaradan” è per noi italiani una parola dal suono divertente, che indica un allegro disordine e ci arriva da una memoria coloniale abissina. Fu sul massiccio dell’Amba Aradam che i soldati italiani, agli ordini del Maresciallo (e futuro Viceré) Graziani, compirono orrende stragi di donne, vecchi e bambini col gas d’Iprite.
4 – Maria Tabacchina (Alessio Lega)
È la seconda delle “Avemarie”: quella effettivamente inserita nella colonna sonora del film “Viva la sposa”. Riguarda la memoria popolare del mio Salento, le “tabacchine” le lavoratrici del tabacco e il loro celebre canto “fimmine fimmine ca sciati a lu tabaccu/’nde sciati doi e ‘nde turnati quattru” (dove si allude agli stupri). La tradizionale credenza del morso del ragno che dava origine al ballo scatenato della “taranta”, oggi ridotto a ritualità estiva per turisti. La nascita di una consapevolezza sul lavoro e nella vita, oggi dimenticata nella fine della cultura popolare e nel “manicomio chimico” che tiene i nostri sogni raso terra.
5 – Lamento dei mendicanti (Matteo Salvatore)
Nel 2015 cadeva l’anniversario della scomparsa del massimo cantore popolare italiano, Matteo Salvatore. L’occasione era propizia per reinterpretare questo incredibile blues del Tavoliere delle Puglie, questa canzone che parla di un corteo di mendicanti che questuano di paese in paese, spazzati dalla polvere su carretti trascinati da cani, in un immaginario che sposa Brugel al Mississippi.
6 – My Old Man / 7 – Jamie Foyer (Ewan MacColl)
Cantate nella pronuncia da emigrante di Roberto o in quella penetrante di Guido, queste due canzoni portano omaggio a uno dei miti della riscoperta del canto popolare e della nuova canzone, la straordinaria figura di Ewan MacColl. Il primo è un canto di lavoro autobiografico, il secondo un omaggio ai miliziani antifascisti della Guerra di Spagna.
8 – Maddalena di Valsusa (Alessio Lega)
Alla strenua ed entusiasmante lotta delle popolazioni della Valle di Susa è dedicata questa serenata. Il toponimo Maddalena di Chiomonte mi ricorda il nome di una principessa tenuta segregata da un Orco, un Orco che manganella i ribelli, che commina multe esose ai figli di quella terra, mentre la trivella e la dissipa. Qualche tempo fa le armi partigiane di Beppe Fenoglio furono davvero ritrovate da sua figlia serbate in perfetto stato.
9 – Maria Solitaria (Alessio Lega)
La terza delle mie “Avemaria” vi giunge dalla voce cristallina di Giusi Delvecchio. Si tratta di un “catalogo” di solitudini femminili davanti a una piccola o grande vicissitudine: un esame, la vecchiaia, l’aborto clandestino, l’abbandono… Quando tutto si assenta, e persino Dio è lontano, la donna resta l’ultimo testimone e il cardine dell’umanità residua.
10 – Chiara La Rossa (Alessio Lega)
Una canzone d’amore per la mia rivoluzionaria preferita. Lei è una trozkista poco ortodossa, io un anarchico ecumenico: ci sentiamo un po’ Romeo e Giulietta del Movimento Operaio.
11 – Ciao Bella (Alessio Lega)
Rielaborazione di un canto spagnolo ispirato a sua volta ad “Ay Carmela” (“El ejército del Ebro”). Si prova qui a raccontare l’immaginaria storia da cui nasce il nostro inno partigiano per antonomasia “Bella Ciao”, l’ultima notte di un ragazzo ribelle passato in compagnia di una prostituta.
12 – Ballata dell’ex (Sergio Endrigo)
La formula con cui presento Sergio Endrigo è “il più grande dei dimenticati, il più dimenticato dei grandi”. Oltre alle celebri romanze sentimentali, alle canzoni per bambini, ai ritmi e alla poesia brasiliana, il cantautore più ad Est d’Italia, il “malinconico” per antonomasia, ci ha lasciato una delle prime è più vitali rievocazioni della resistenza non pacificata.
13 – Piazza dei tre martiri (Alessio Lega)
Una canzone improvvisata in furgone il giorno prima del concerto, mentre correvamo da una parte all’altra della Romagna per procurarci il materiale tecnico necessario. Piazza Giulio Cesare, al centro di Rimini, venne ribattezzata Piazza dei tre martiri in seguito alla fucilazione di tre partigiani ventenni.
14 – Sotiri Petrula (Mikis Theodorakis)
Canzone del compositore greco Mikis Theodorakis, che la scrisse in seguito all’uccisione di uno studente ventenne da parte della polizia di Atene. Era il 1965, la Grecia si avviava a un’epoca buia di dittatura e d’esilio. Mi ha sempre impressionato la coincidenza della data del 20 luglio e del nome della Piazza Ioulianon (“dei Giuliani”), con l’analogo orrore che riguardò Carlo Giuliani a Genova nel 2001.
15 – La nostra classe (Jacek Kaczmarsky versione italiana di Alessio Lega)
Traduzione di una canzone del bardo polacco Jacek Kaczmarski. Un canto sull’esodo, sull’esilio cui fu condannata la generazione dell’autore… forse qualcosa di più: un poema che si allarga e tocca ognuno di noi in quella ferita aperta che è la diaspora universale degli affetti. Un capolavoro sconosciuto presentato per la prima volta al Premio Tenco 2014 e inciso anche dal cantautore Olden.
16 – Canto dei malfattori (Attilio Panizza)
Antico canto del repertorio di propaganda anarchica, una sorta di decalogo del bravo libertario. Noi ne presentiamo una versione quasi cabarettistica, irridente e demistificatoria, contrapponendo la bella retorica della musica lirica alla virulenza punk, frà questi due estremi la stessa voglia della libertà grande come la risata che vi seppellirà.